Argilla e peccato- 106 poesie -di Arnold de Vos
Prefazione di Liliana Zinetti – Collana “I Fortini” CFR Edizioni, 2012
RECENSIONE DI RICCARDA TURRINARi
scritta dopo un’intervista all’autore, in occasione dell’uscita della sua silloge Argilla e peccato.
da proposte di V.Ravagli
carte sensibili
“Non sono né cristiano né musulmano/ non sono né orientale né occidentale/ non sono Eva né Adamo/ non sono corpo né spirito,/ l’uomo innamorato di Dio non ha dove stare:/ è ebbro ma non di vino, la sua vigna/ non è in terra né in cielo/ il suo segno è un non segno…” In questi versi, che rievocano i testi lirici di Jalal ad-Din Rumi, poeta mistico persiano del XIII secolo fondatore della confraternita dei Dervisci Rotanti, Arnold de Vos parla di se stesso come poeta migrante, che abita le parole dove ha dimora la vita, che parla di amore e bellezza, ma anche di cassetti che non si chiudono, che si incastrano per la troppa umidità, per le troppe lacrime. Affascinato, come egli stesso afferma, “dalla povertà, amante dei paesaggi spogli che svelano la purezza delle forme” è un’anima nomade che viaggia “all’insegna della stella di Venere”, in un’esistenza che “passa girando in tondo intorno a un vuoto d’amore.” Il suo essere straniero non è imbevuto di nostalgia, ma piuttosto di dialogo, inteso come bisogno di trovare nuove risonanze interiori, quelle armonie nascoste che prendono corpo attraverso le contaminazioni. Ma sa anche che “agli erranti non si perdona:/ non rispettano le frontiere/ rispettano poco la proprietà/ rispettano solo quel poco che hanno/potuto caricare/a dorso di quadrupede/e di corbello.” Una vita graffiante quella che il poeta descrive, che può dunque ferire, ridurre l’uomo a un graffito, senza comunque mai passare invano. Arnold de Vos è prima di tutto un filologo; nato a L’Aja nel 1937, dopo il debutto come poeta in Olanda si dedica assieme alla moglie all’archeologia, e con lei collabora alla realizzazione dell’importante Guida Archeologica di Pompei, Ercolano, Stabia. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di poesia in lingua italiana, perché dal 1968 si stabilisce a Roma e poi a Trento e Selva di Grigno. Con la raccolta Argilla e peccato, uscita a gennaio 2012 nella collana “I Fortini” (CFR Edizioni), il poeta ancora una volta dà voce a quella che egli stesso definisce la vocazione della verità, la verità riguardo all’amore, all’eros, perché “l’atto d’amore è una confessione”, è l’occasione per avvicinarsi “al disegno originale/ l’argilla senza peccato del primo uomo/ e la supposta innocenza dello sguardo/ che coglie la bellezza di Dio.” Una raccolta, quest’ultima, che come le altre impegna il lettore per la raffinatezza del linguaggio, la ricercatezza lessicale, la potenza di immagini in grado di trascendere la realtà e di trasportare in una dimensione altra, immensamente travolgente. La poesia per de Vos è infatti “l’eco/che volge la parola in ascolto./ …Poesia è coesione di vicino e lontano,/ l’eterno che torna sui suoi passi/ e riprende a giocare con noi.” E il poeta è semplicemente un uomo che vuole amare e che si rivolge all’amato con commovente dolcezza, propria di chi si è tolto la maschera ed è stato visto, e quindi di chi crede quanto sia importante essere se stessi, combattere per un ideale. “Amato, chiunque tu sia/ se Dio è amore come professi,/ non negherà ai tulipani di fiorire/ e agli uomini di amare come credono./” Forse Arnold de Vos non ha trovato a Trento quell’apertura che egli stesso è invece in grado di dimostrare verso gli altri, quel rispetto e quella considerazione che altrove di certo non gli mancano e ne sono testimonianza gli inviti a importanti trasmissioni radiofoniche come Fahrenheit, Radio 3 Suite, Rai International, come l’uscita dei suoi libri anche oltre oceano. E’ un poeta raffinato e colto, con un percorso di vita a tratti difficile, è un uomo che non ha nessuna intenzione di nascondersi e che da sempre intende la poesia come una priorità, forse una battaglia contro il pregiudizio, perché “ se un animale mette le mani in avanti/ vuol dire che ha bisogno di te./ Ti legge negli occhi che hai voglia di fuggire/ per paura dell’effetto strano:/ l’alfabeto non scritto delle emozioni senza richiamo,/ esperanto universale dei senza speranza/ che però ci provano…/”
Per conoscere più da vicino il mondo poetico di Arnold de Vos non vanno dimenticate le sue origini. “Sono nato -spiega– in una famiglia protestante e ciò ha influito sulla mia poesia perché sono cresciuto con i testi dell’Antico e del Nuovo Testamento. E poi l’infanzia trascorsa in tempo di guerra ha lasciato in me indelebili tracce. Sono, infatti, un sopravissuto di guerra”; ma determinante è stata anche la permanenza a Roma, dove si trasferisce nel 1968, e dove ha l’opportunità di entrare in contatto con un ambiente letterario in fermento. Conosce Elsa Morante, Dario Bellezza, Pier Paolo Pasolini, Dacia Maraini, e matura la scelta dell’italiano come lingua poetica principale, dopo aver scritto, oltre che nella lingua natia, anche in francese e inglese.“ Mi sono rivolto alla Morante per sapere se ci sarebbe stato futuro per questo mio mestiere di poeta. Lei era una donna molto combattiva, sempre impegnata e le nostre conversazioni venivano spesso interrotte dallo squillo del telefono. Spariva e mi lasciava solo con il gatto. Però mi ha sempre incoraggiato dicendomi che dovevo continuare a scrivere in italiano. Dario Bellezza, invece, lo incontravo tutti i giorni a Campo dei Fiori, ma con lui non ho avuto degli scambi proficui, sebbene abbia bussato alla sua porta con lo stesso materiale che avevo presentato alla Morante. Con Dacia Maraini, donna molto bella e garbata, ho avuto un rapporto epistolare: la portinaia del palazzo dove abitava mi permetteva, la mattina, di raggiungere la porta del suo appartamento dove infilavo le mie poesie, che lei poi leggeva e commentava. Certo che le strade della poesia sono lunghissime e certi testi di allora sono usciti solo quest’anno. Da Pasolini invece, anche se l’ho solo incontrato casualmente, ho imparato molto, perché il suo libro Le ceneri di Gramsci, era già uno dei miei testi preferiti quando abitavo ancora in Olanda.” Dopo l’esperienza romana de Vos si dedicherà, insieme alla moglie, oltre alla letteratura, anche all’archeologia maturando, nella medina di Tunisi, una nuova dimensione poetica. Nel 1998 rientra in Italia e si stabilisce a Trento, dove dopo un periodo di silenzio, dal 2005 pubblica diverse raccolte. “La poesia –dice- è una battaglia. Io sono spesso da solo e ho il vizio di parlare con me stesso: mi metto il foglio davanti e non so come andrà a finire. Posso dire che ho imparato a trascrivere nel modo più fedele possibile ciò che sento. Il mio lavoro in Olanda non avrebbe trovato gli ostacoli che ho incontrato qui.La mia poesia è autobiografica, raccoglie la mia storia personale, che è stata influenzata da un rapporto molto difficile con mio padre, perché non ero proprio il figlio desiderato, ma anche dalla guerra e di conseguenza la povertà. Un bambino che sta solo comincia a creare un proprio mondo, comincia a cercare fuori quello che non trova dentro casa. Io l’ho trovato a scuola, nella mia classe multietnica con molti alunni di origine orientale.” In poesia Arnold de Vos ha sempre potuto esprimere fino in fondo il proprio pensiero, la propria concezione dell’amore, i propri interessi, l’attrazione per l’oriente e la cultura arabo-persiana. “La poesia mi permette di essere libero, mi svincola dai problemi che vengono delle persone che ho attorno. La poesia è un modo per vivere l’estremo e attraverso la poesia cerco di far sparire le mie ombre.”
Prefazione di Liliana Zinetti – Collana “I Fortini” CFR Edizioni, 2012
RECENSIONE DI RICCARDA TURRINARi
scritta dopo un’intervista all’autore, in occasione dell’uscita della sua silloge Argilla e peccato.
da proposte di V.Ravagli
carte sensibili
“Non sono né cristiano né musulmano/ non sono né orientale né occidentale/ non sono Eva né Adamo/ non sono corpo né spirito,/ l’uomo innamorato di Dio non ha dove stare:/ è ebbro ma non di vino, la sua vigna/ non è in terra né in cielo/ il suo segno è un non segno…” In questi versi, che rievocano i testi lirici di Jalal ad-Din Rumi, poeta mistico persiano del XIII secolo fondatore della confraternita dei Dervisci Rotanti, Arnold de Vos parla di se stesso come poeta migrante, che abita le parole dove ha dimora la vita, che parla di amore e bellezza, ma anche di cassetti che non si chiudono, che si incastrano per la troppa umidità, per le troppe lacrime. Affascinato, come egli stesso afferma, “dalla povertà, amante dei paesaggi spogli che svelano la purezza delle forme” è un’anima nomade che viaggia “all’insegna della stella di Venere”, in un’esistenza che “passa girando in tondo intorno a un vuoto d’amore.” Il suo essere straniero non è imbevuto di nostalgia, ma piuttosto di dialogo, inteso come bisogno di trovare nuove risonanze interiori, quelle armonie nascoste che prendono corpo attraverso le contaminazioni. Ma sa anche che “agli erranti non si perdona:/ non rispettano le frontiere/ rispettano poco la proprietà/ rispettano solo quel poco che hanno/potuto caricare/a dorso di quadrupede/e di corbello.” Una vita graffiante quella che il poeta descrive, che può dunque ferire, ridurre l’uomo a un graffito, senza comunque mai passare invano. Arnold de Vos è prima di tutto un filologo; nato a L’Aja nel 1937, dopo il debutto come poeta in Olanda si dedica assieme alla moglie all’archeologia, e con lei collabora alla realizzazione dell’importante Guida Archeologica di Pompei, Ercolano, Stabia. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di poesia in lingua italiana, perché dal 1968 si stabilisce a Roma e poi a Trento e Selva di Grigno. Con la raccolta Argilla e peccato, uscita a gennaio 2012 nella collana “I Fortini” (CFR Edizioni), il poeta ancora una volta dà voce a quella che egli stesso definisce la vocazione della verità, la verità riguardo all’amore, all’eros, perché “l’atto d’amore è una confessione”, è l’occasione per avvicinarsi “al disegno originale/ l’argilla senza peccato del primo uomo/ e la supposta innocenza dello sguardo/ che coglie la bellezza di Dio.” Una raccolta, quest’ultima, che come le altre impegna il lettore per la raffinatezza del linguaggio, la ricercatezza lessicale, la potenza di immagini in grado di trascendere la realtà e di trasportare in una dimensione altra, immensamente travolgente. La poesia per de Vos è infatti “l’eco/che volge la parola in ascolto./ …Poesia è coesione di vicino e lontano,/ l’eterno che torna sui suoi passi/ e riprende a giocare con noi.” E il poeta è semplicemente un uomo che vuole amare e che si rivolge all’amato con commovente dolcezza, propria di chi si è tolto la maschera ed è stato visto, e quindi di chi crede quanto sia importante essere se stessi, combattere per un ideale. “Amato, chiunque tu sia/ se Dio è amore come professi,/ non negherà ai tulipani di fiorire/ e agli uomini di amare come credono./” Forse Arnold de Vos non ha trovato a Trento quell’apertura che egli stesso è invece in grado di dimostrare verso gli altri, quel rispetto e quella considerazione che altrove di certo non gli mancano e ne sono testimonianza gli inviti a importanti trasmissioni radiofoniche come Fahrenheit, Radio 3 Suite, Rai International, come l’uscita dei suoi libri anche oltre oceano. E’ un poeta raffinato e colto, con un percorso di vita a tratti difficile, è un uomo che non ha nessuna intenzione di nascondersi e che da sempre intende la poesia come una priorità, forse una battaglia contro il pregiudizio, perché “ se un animale mette le mani in avanti/ vuol dire che ha bisogno di te./ Ti legge negli occhi che hai voglia di fuggire/ per paura dell’effetto strano:/ l’alfabeto non scritto delle emozioni senza richiamo,/ esperanto universale dei senza speranza/ che però ci provano…/”
Per conoscere più da vicino il mondo poetico di Arnold de Vos non vanno dimenticate le sue origini. “Sono nato -spiega– in una famiglia protestante e ciò ha influito sulla mia poesia perché sono cresciuto con i testi dell’Antico e del Nuovo Testamento. E poi l’infanzia trascorsa in tempo di guerra ha lasciato in me indelebili tracce. Sono, infatti, un sopravissuto di guerra”; ma determinante è stata anche la permanenza a Roma, dove si trasferisce nel 1968, e dove ha l’opportunità di entrare in contatto con un ambiente letterario in fermento. Conosce Elsa Morante, Dario Bellezza, Pier Paolo Pasolini, Dacia Maraini, e matura la scelta dell’italiano come lingua poetica principale, dopo aver scritto, oltre che nella lingua natia, anche in francese e inglese.“ Mi sono rivolto alla Morante per sapere se ci sarebbe stato futuro per questo mio mestiere di poeta. Lei era una donna molto combattiva, sempre impegnata e le nostre conversazioni venivano spesso interrotte dallo squillo del telefono. Spariva e mi lasciava solo con il gatto. Però mi ha sempre incoraggiato dicendomi che dovevo continuare a scrivere in italiano. Dario Bellezza, invece, lo incontravo tutti i giorni a Campo dei Fiori, ma con lui non ho avuto degli scambi proficui, sebbene abbia bussato alla sua porta con lo stesso materiale che avevo presentato alla Morante. Con Dacia Maraini, donna molto bella e garbata, ho avuto un rapporto epistolare: la portinaia del palazzo dove abitava mi permetteva, la mattina, di raggiungere la porta del suo appartamento dove infilavo le mie poesie, che lei poi leggeva e commentava. Certo che le strade della poesia sono lunghissime e certi testi di allora sono usciti solo quest’anno. Da Pasolini invece, anche se l’ho solo incontrato casualmente, ho imparato molto, perché il suo libro Le ceneri di Gramsci, era già uno dei miei testi preferiti quando abitavo ancora in Olanda.” Dopo l’esperienza romana de Vos si dedicherà, insieme alla moglie, oltre alla letteratura, anche all’archeologia maturando, nella medina di Tunisi, una nuova dimensione poetica. Nel 1998 rientra in Italia e si stabilisce a Trento, dove dopo un periodo di silenzio, dal 2005 pubblica diverse raccolte. “La poesia –dice- è una battaglia. Io sono spesso da solo e ho il vizio di parlare con me stesso: mi metto il foglio davanti e non so come andrà a finire. Posso dire che ho imparato a trascrivere nel modo più fedele possibile ciò che sento. Il mio lavoro in Olanda non avrebbe trovato gli ostacoli che ho incontrato qui.La mia poesia è autobiografica, raccoglie la mia storia personale, che è stata influenzata da un rapporto molto difficile con mio padre, perché non ero proprio il figlio desiderato, ma anche dalla guerra e di conseguenza la povertà. Un bambino che sta solo comincia a creare un proprio mondo, comincia a cercare fuori quello che non trova dentro casa. Io l’ho trovato a scuola, nella mia classe multietnica con molti alunni di origine orientale.” In poesia Arnold de Vos ha sempre potuto esprimere fino in fondo il proprio pensiero, la propria concezione dell’amore, i propri interessi, l’attrazione per l’oriente e la cultura arabo-persiana. “La poesia mi permette di essere libero, mi svincola dai problemi che vengono delle persone che ho attorno. La poesia è un modo per vivere l’estremo e attraverso la poesia cerco di far sparire le mie ombre.”