ARNOLD de VOS Ha detto di sè
da EuropClub
"Ho trovato nella poesia una forma di riparazione e riparo dai mali del mondo. Suggestionato dal flagello della bellezza di uomini e cose, la poesia mi estorce però, come sotto tortura, confessioni che si prestano a essere interpretate male, causando altre lacerazioni. Il rapporto virtualmente conflittuale con il lettore fa sì, che mi rifugio spesso in epoche e culture remote, nelle quali i poeti si facevano carico degli stessi problemi a me congeniali: il rapporto omoerotico, la trasposizione della tensione bipolare nel rapporto uomo-Dio. Particolarmente affascinato dalla poesia sufi di stampo arabo-persiano, mi sono fatto una cultura del mondo mediorientale tramite lo studio delle disquisizioni di Annemarie Schimmel, raffinata islamologa recentemente scomparsa. Anni passati in Tunisia hanno contribuito all'arricchimento del mio orizzonte culturale di poeta notoriamente encomiaste della povertà in tutte le sue forme, esperita come unica via di sublimazione del male personale e del mondo. Per darvi una breve introduzione di me vi dico che sono arrivato in Italia negli anni '60 per produrre una nuova versione in olandese della Divina Commedia: avevo una borsa di studio ma non avevo sussidi per fare il lavoro e così, visto che la mia tesi verteva sulla perdita di materiale, di informazione fornita al lettore se bisogna produrre una traduzione nella forma applicata dall'autore del testo, avevo visto peraltro che questo portava necessariamente ad una perdita di informazioni di un quarto del contenuto del verso. Dato che non potevo fare questo sacrificio del vostro sommo autore e che non c'erano altri fondi per fare il lavoro, ho deciso di non farlo, però sono rimasto in Italia per preparare un'antologia della poesia italiana da far apparire in olandese. Per me è stato molto utile perché così ho conosciuto nei suoi ultimi giorni persino Ungaretti, e naturalmente sono rimasto un po' sulle mie perché il personaggio non mi è piaciuto affatto. Per parlare più concretamente, il mio primo lavoro erano sei racconti intitolati "Fortezze vuote" e questi hanno avuto il premio Castellammare del Golfo del 1977 e, con orgoglio, posso riferire che la giuria era presieduta da Nino Borsellino, professore alla Sapienza e fratello del giudice finito ammazzato dalla mafia. Questi racconti sono poi usciti a Palermo anche nel 1977, pubblicati da una casa editrice ormai obsoleta, Vittorietti, e la cosa non ha avuto nessun'eco nazionale, perché è rimasta chiusa dentro Palermo. La mia prossima produzione sono state le "Poesie del deficit" ed erano il risultato di un premio Piccolo Strega per poemetto, un premio realizzato a Varese nel 1979, e l'unico premio Piccolo Strega è stato dato alle mie poesie. Poi il Premio è deceduto per cambio della giunta. Quando hanno premiato le poesie, i soldi non c'erano più perché erano stati stanziati dalla giunta precedente. Comunque queste poesie che erano ispirate all'omicidio di Pasolini, hanno avuto nel 1980 il Premio Taormina e quindi per uno scrittore migrante principiante era bello avere due premi in tasca e quindi si pensava che la cosa potesse avere un qualche futuro. Poi per disperazione ho preso contatto con due care amiche di Firenze, Maria Bettarini e Gabriella Maleti, che mettevano su la collana di poesie Gazebo e le mie poesie con loro sono uscite nel 1985, nel terzo volumetto che usciva nella loro collana intitolato "Il portico". Su questo testo forse tornerò più avanti; per non far lavorare la Bettarini che con la selezione aveva già fatto un lavoro piuttosto duro, ho scritto io stesso l'introduzione a questa raccolta. L'introduzione è stata scritta nel 1985 e da quell'anno ha avuto due edizioni perché ultimamente è stata ripresa in una pubblicazione dell'Istituto Italiano di Cultura di Napoli, che ha dato agli inizi del 2005 in stampa un volume intitolato "'900 e oltre" di prose inedite e un po' nascoste: e la mia introduzione autobiografica faceva parte di queste prose nascoste. Il professor Ernesto L'Arab ha scritto nello stesso volume che questa prosa bellissima apparterebbe al filo del miglior romanzo psicologico europeo. Io volevo questa mattina parlare del mio penultimo lavoro, un volumetto curato da Mia Lecomte per la collana Scritture migranti di Armando Gnisci. È il primo volume di poesie che esce in questa collana: si chiama "Merore o Un amore senza impiego", e quest'ultimo termine è un eufemismo per l'amore omosessuale, col sottinteso che non si tratti di vero amore. Io, invece, ritengo che possa trattarsi di vero amore per cui ultimamente mi sono dato a scrivere un resoconto in versi del mio amore per un giovane pachistano: raccolta che s'intitola "dio errante". E su richiesta di Mia Lecomte devo dare assolutamente il titolo con la d minuscola perché lei, per un suo retaggio cattolico, non sopporterebbe la D maiuscola. Rimango indeciso però mi sono rimesso al giudizio della Lecomte, che generalmente è a me molto favorevole"
da EuropClub
"Ho trovato nella poesia una forma di riparazione e riparo dai mali del mondo. Suggestionato dal flagello della bellezza di uomini e cose, la poesia mi estorce però, come sotto tortura, confessioni che si prestano a essere interpretate male, causando altre lacerazioni. Il rapporto virtualmente conflittuale con il lettore fa sì, che mi rifugio spesso in epoche e culture remote, nelle quali i poeti si facevano carico degli stessi problemi a me congeniali: il rapporto omoerotico, la trasposizione della tensione bipolare nel rapporto uomo-Dio. Particolarmente affascinato dalla poesia sufi di stampo arabo-persiano, mi sono fatto una cultura del mondo mediorientale tramite lo studio delle disquisizioni di Annemarie Schimmel, raffinata islamologa recentemente scomparsa. Anni passati in Tunisia hanno contribuito all'arricchimento del mio orizzonte culturale di poeta notoriamente encomiaste della povertà in tutte le sue forme, esperita come unica via di sublimazione del male personale e del mondo. Per darvi una breve introduzione di me vi dico che sono arrivato in Italia negli anni '60 per produrre una nuova versione in olandese della Divina Commedia: avevo una borsa di studio ma non avevo sussidi per fare il lavoro e così, visto che la mia tesi verteva sulla perdita di materiale, di informazione fornita al lettore se bisogna produrre una traduzione nella forma applicata dall'autore del testo, avevo visto peraltro che questo portava necessariamente ad una perdita di informazioni di un quarto del contenuto del verso. Dato che non potevo fare questo sacrificio del vostro sommo autore e che non c'erano altri fondi per fare il lavoro, ho deciso di non farlo, però sono rimasto in Italia per preparare un'antologia della poesia italiana da far apparire in olandese. Per me è stato molto utile perché così ho conosciuto nei suoi ultimi giorni persino Ungaretti, e naturalmente sono rimasto un po' sulle mie perché il personaggio non mi è piaciuto affatto. Per parlare più concretamente, il mio primo lavoro erano sei racconti intitolati "Fortezze vuote" e questi hanno avuto il premio Castellammare del Golfo del 1977 e, con orgoglio, posso riferire che la giuria era presieduta da Nino Borsellino, professore alla Sapienza e fratello del giudice finito ammazzato dalla mafia. Questi racconti sono poi usciti a Palermo anche nel 1977, pubblicati da una casa editrice ormai obsoleta, Vittorietti, e la cosa non ha avuto nessun'eco nazionale, perché è rimasta chiusa dentro Palermo. La mia prossima produzione sono state le "Poesie del deficit" ed erano il risultato di un premio Piccolo Strega per poemetto, un premio realizzato a Varese nel 1979, e l'unico premio Piccolo Strega è stato dato alle mie poesie. Poi il Premio è deceduto per cambio della giunta. Quando hanno premiato le poesie, i soldi non c'erano più perché erano stati stanziati dalla giunta precedente. Comunque queste poesie che erano ispirate all'omicidio di Pasolini, hanno avuto nel 1980 il Premio Taormina e quindi per uno scrittore migrante principiante era bello avere due premi in tasca e quindi si pensava che la cosa potesse avere un qualche futuro. Poi per disperazione ho preso contatto con due care amiche di Firenze, Maria Bettarini e Gabriella Maleti, che mettevano su la collana di poesie Gazebo e le mie poesie con loro sono uscite nel 1985, nel terzo volumetto che usciva nella loro collana intitolato "Il portico". Su questo testo forse tornerò più avanti; per non far lavorare la Bettarini che con la selezione aveva già fatto un lavoro piuttosto duro, ho scritto io stesso l'introduzione a questa raccolta. L'introduzione è stata scritta nel 1985 e da quell'anno ha avuto due edizioni perché ultimamente è stata ripresa in una pubblicazione dell'Istituto Italiano di Cultura di Napoli, che ha dato agli inizi del 2005 in stampa un volume intitolato "'900 e oltre" di prose inedite e un po' nascoste: e la mia introduzione autobiografica faceva parte di queste prose nascoste. Il professor Ernesto L'Arab ha scritto nello stesso volume che questa prosa bellissima apparterebbe al filo del miglior romanzo psicologico europeo. Io volevo questa mattina parlare del mio penultimo lavoro, un volumetto curato da Mia Lecomte per la collana Scritture migranti di Armando Gnisci. È il primo volume di poesie che esce in questa collana: si chiama "Merore o Un amore senza impiego", e quest'ultimo termine è un eufemismo per l'amore omosessuale, col sottinteso che non si tratti di vero amore. Io, invece, ritengo che possa trattarsi di vero amore per cui ultimamente mi sono dato a scrivere un resoconto in versi del mio amore per un giovane pachistano: raccolta che s'intitola "dio errante". E su richiesta di Mia Lecomte devo dare assolutamente il titolo con la d minuscola perché lei, per un suo retaggio cattolico, non sopporterebbe la D maiuscola. Rimango indeciso però mi sono rimesso al giudizio della Lecomte, che generalmente è a me molto favorevole"